L’analista di Kiev, Ruslan Bortnik: la corruzione è un problema storico, ora il popolo si ribella “Piano Trump realistico e complesso, l’Ue dovrà attuare intese raggiunte da altri soggetti”
Roma, 1 novembre 2025 – Fuori il fuoco russo, dentro la corruzione che rosicchia risorse e morale. Pare segnato il destino politico di Volodymyr Zelensky, abbarbicato tra le macerie ucraine: la sua trincea personale. Un leader sempre più isolato, stando all’analisi del politologo ucraino Ruslan Bortnik, direttore dell’Istituto di Politica di Kiev. Ma la fine della guerra, secondo lui, è tutt’altro che imminente.
Quanto è profonda e sistemica la corruzione nel suo Paese?
“È un problema enorme, permanente, che ha portato alla Rivoluzione Arancione del 2004 e alla Rivoluzione della Dignità del 2014 (Euromaidan, ndr). Influisce molto sui processi politici”.
Indebolisce il Paese durante la guerra?
“Ora la questione è ancora più grave. Se prima del conflitto era una partita tra le élite, ora la corruzione riguarda i soldi necessari per difendere l’Ucraina. Questo fa arrabbiare molto di più la popolazione, che nonostante la volontà di non destabilizzare il Paese a vantaggio dei russi, è disposta a scendere in piazza per una nuova Maidan”.
Negli ultimi anni, il potere attorno alla presidenza è diventato molto centralizzato. In che modo questo ha influenzato il processo decisionale e la stabilità interna?
“Di fatto ora l’Ucraina ha un modello presidenziale, sebbene la Costituzione preveda un sistema parlamentare-presidenziale. Questa concentrazione del potere, iniziata prima della guerra, ha permesso decisioni rapide, ma ha anche reso il presidente responsabile di ogni problema sociale, senza bilanciamenti”.
Oggi Zelensky è isolato?
“Il suo problema è che la luna di miele con la società e gli alleati occidentali è finita. Gli scandali hanno minato la fiducia nel presidente, facendogli perdere popolarità sia in Ucraina sia all’estero, isolandolo. Ma continua a lottare per il suo futuro”.
Alcuni analisti sostengono che gli Stati Uniti abbiano provocato l’esplosione del caso corruzione per indebolire Zelensky e spingerlo a un cessate il fuoco con la Russia.
“Non credo. Ho provato a verificare più volte, ma non ci sono prove”.
A Trump non fa gioco uno Zelensky indebolito?
“Certo, Zelensky ha creato molti problemi, specialmente per l’amministrazione Trump, e quindi indebolire questo governo è nell’interesse degli americani. L’obiettivo dell’accordo con Mosca può essere uno dei detonatori dello scandalo, non l’unico né il principale”.
L’Ucraina rischia di essere esclusa o resa marginale nei negoziati tra le potenze?
“Certo, ma fino a un certo punto. Gli Stati Uniti e la Russia possono raggiungere un accordo; non possono però attuarlo concretamente senza l’Ucraina, l’Europa e forse la Cina. Chi lo porterebbe avanti e chi si assumerebbe le responsabilità finanziarie, sociali, legali e militari?”.
Il piano di Trump è realistico?
“In realtà si tratta di un piano di pace con fondamenti geopolitici. Sebbene contravvenga al diritto internazionale, è un tentativo realistico di trovare un equilibrio tra Russia, Occidente e Ucraina. Potrebbe essere una base per un accordo di pace a lungo termine”.
Ed è attuabile nel concreto?
“L’attuazione è molto complessa. Servirebbero più di dieci accordi internazionali, modifiche alla Costituzione ucraina, allo statuto della Nato e oltre cento leggi in Ucraina e Russia. Questo lavoro enorme potrebbe richiedere più di tre anni e solo una parte del piano potrebbe essere realizzata”.
L’Unione europea ha voce in capitolo?
“Non è abbastanza forte e unita, ma come ho detto prima senza l’Europa nessun piano può essere realizzato soprattutto per quanto riguarda sicurezza e ricostruzione. Questo può portare al paradosso per cui l’Ue sarebbe “costretta” ad attuare un accordo raggiunto da altri”.
Quali sono gli scenari più plausibili per i prossimi 6-12 mesi?
“Un altro anno di guerra e di negoziati”.

